In questi giorni, nonostante il clima oppressivo che incombe sulle nostre teste causa seconda ondata di covid, è uscita la classifica delle città italiane dove si vive meglio, quelle dove la qualità della vita è risultata buona, quelle dove quindi, i cittadini dovrebbero stare meglio ed essere più felici.

La felicità è diventata un argomento di grande interesse sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo. Indagini regolari misurano la felicità generale delle popolazioni per determinare quale paese sia con grado di prendersi cura dei suoi cittadini a tutto tondo. Gli economisti hanno persino considerato la sostituzione del PIL come misura della ricchezza e del successo con un nuovo fattore di “felicità” (il FIL) che amplierebbe il successo di un paese oltre le misure puramente finanziarie ed economiche, spostando l’attenzione sul reale benessere. 

La felicità ha persino acquisito importanza come oggetto di ricerca e si è spostata da una branca minore della psicologia e degli studi economici, alla ribalta delle scienze contemporanee; ma io nel mio piccolo, dove posso cercarla, osservarla, sperimentarla, viverla?

Il mix chimico della felicità

Certamente non possiamo escludere che il contesto in cui viviamo contribuisce enormemente al nostro benessere. Essere in un luogo sicuro, che ci permetta di soddisfare i nostri bisogni, in cui possiamo mettere a frutto le nostre conoscenze ed esprimerci, in cui lo scorrere della vita sia facilitato da una moltitudine di servizi, pone le basi per la nostra felicità. Ma cui sono aspetti del benessere e della gioia che sono strettamente legati, non a ciò che ci circonda ma piuttosto a quello che è dentro di noi.

Molte ricerche evidenziano come essere felici produca notevoli effetti positivi sul comportamento, sui processi cognitivi, nonché sul benessere generale della persona; che essa sia umana o animale.

La felicità è vissuta sia come sensazioni ed emozioni fugaci, sia consapevolmente apprezzata come una disposizione permanente della mente. Comprende due aspetti inseparabili: il piacere dei sensi e il piacere della ragione – vivere bene e fare bene.

Quindi possiamo affermare che la felicità è strettamente legata alle emozioni.

“Noi siamo convinti che le emozioni siano qualcosa che avviene prevalentemente nella nostra mente, ma ci sono anche moltissime altre evidenze che suggeriscono che avvengono anche nei nostri corpi” Lauri Nummenmaa

Alcuni autori tra cui Maslow e Privette, riportano che le persone che si trovano in una condizione di felicità sentono con maggiore intensità le sensazioni corporee positive e con minore intensità la fatica fisica, sperimentano uno stato di attenzione focalizzata e concentrata, sono maggiormente consapevoli delle proprie capacità e tutto questo accade ovviamente perché, nei momenti di felicità, nel corpo, viene naturalmente prodotto un mix di sostanze chimiche:

  • dopamina – neurotrasmettitore prodotto dal cervello che influenza il nostro comportamento, l’umore e la motivazione 
  • ossitocina – l’ormone dell’amore, elemento chiave nelle interazioni sociali
  • serotonina – neurotrasmettitore prodotto dal cervello e dall’intestino che regola l’umore e ma partecipa anche all’empatia e alla memoria
  • endorfine – sostanze prodotte dal cervello che procurano euforia attraverso il movimento e lo sforzo fisico

Cavalli maestri di felicità

I cavalli sono di per se uno stimolo all’attivazione di quelle sostanze chimiche così inebrianti: ci spingono all’interazione sociale e all’empatia, ci obbligano a stare costantemente in movimento rilassato e in una osservazione di ciò che c’è dentro e fuori di noi perché semplicemente non ci chiedono di fare nulla se non stare nell’attimo presente per goderne.

Se osserviamo i cavalli in un contesto di libertà  (e non smetterò mai di invitarvi a contattarmi per fare un esperienza di questo genere) ci accorgiamo che la cosa che in assoluto amano fare è impegnarsi in attività che stimolino le proprie motivazioni e ad esse si ispirino; non tanto nell’intenzione di perseguire uno scopo specifico ma nella semplice e straordinaria possibilità di vivere un esperienza che produca sensazioni positive.

Lo studio anatomico della felicità ci riconsegna una piccola certezza: sappiamo di essere felici solo quando il tempo e lo spazio cessano di esistere” Luca Pani

Karl Bühler, uno psicologo tedesco, ha coniato il termine che descrive questo fenomeno osservato anche negli animali: Funktionslust, il piacere che si ottiene impegnandosi in un’attività stessa. Funktionslust è fine a se stesso. Non ha nulla a che fare con il piacere di raggiungere l’obiettivo di una determinata attività ma indica una chiave di lettura di numerosi comportamenti dettati dal puro esercizio di una funzione vitale, senza altre finalità se non quella di perfezionarla. Potremmo dire che la Funktionslust attiva il circuito cerebrale del piacere.

Questo circuito si attiva ogni volta che riceviamo degli stimoli che ci fanno provare piacere, come tutti quelli citati prima. Persino una semplice idea è in grado di attivarlo. (Ed è per questo che ci sentiamo meglio già all’idea di fare qualcosa che ci piace)

Questo circuito permette di associare diverse attività con situazioni piacevoli; grazie alla soddisfazione che si riceve, quando appare uno qualsiasi dei segnali che attivano il desiderio; questo è il motivo che ci spinge a ripetere le attività o le azioni che ci hanno provocato emozioni positive. Nella ripetizione c’è perfezionamento e di conseguenza senso di auto-efficacia.

I cavalli ci insegnano che la felicità non è un utopia irraggiungibile ma è invece intrinsecamente legata alla percezione che abbiamo di noi stessi di sapere di essere in grado di fare, sentire, esprimere, essere o evolvere in qualcosa.